Montagna, collina, pianura: è davvero una terra varia il Piemonte. Manca solo il mare. Siamo sicuri? Perché a ben pensarci in Piemonte c’è pure quello. Basta andare su una cima dell’Appennino, sopra Ovada, e il mare lo vedi appena lì sotto. Un orizzonte di luce che si dissolve nell’infinito.
Poi è il mare che gioca un ruolo determinante nella ricca natura (biodiversità) della regione. Nel senso che influisce sul clima ed è proprio il mare, il Mar Ligure, che insieme ai compagni oceanici ha deciso che oggi, domenica 11 ottobre, anno 2020 dell’era detta “Antropocene”, che la storia consegnerà ai posteri come anno del covid… ci sia un vago sole che sta facendo timido capolino fra le nuvole. E così si va a pedalare. In collina, che le colline d’autunno sono davvero belle (ma in primavera è uguale). Astigiano, Monferrato e Alta Langa mi sono noti, dal punto di vista “pedalatorio” mi manca il Roero.
“Le Rocche del Roero, caratteristiche dell'omonima zona denominata Roero (Piemonte), sono il risultato di un fenomeno geologico di erosione caratterizzato da forre profonde e calanchi pittoreschi generatisi in seguito all'evento cosiddetto della “Cattura del Tanaro”. Così
Wikipedia.
Cattura del Tanaro? Visti i disastri anche recenti combinati da questo fiume (il più lungo interamente piemontese) suona strano. In realtà il Tanaro e altri fiumi e torrenti più che catturarli andrebbero lasciati liberi di divagare, per il loro e il nostro bene. Detto ciò, il fenomeno geologico detto “Cattura del Tanaro” si verificò circa 250000 anni fa, un’era quindi lontana nella quale fiumi e torrenti divagavano senza provocare danni alle comunità antropiche.
La zona denominata “Roero” è messa lì nel bel mezzo del Piemonte, fra Langhe e Astigiano.
Le Rocche ne caratterizzano il paesaggio, ne sono l’emblema geologico (straordinarie quelle di Pocapaglia). Un lungo crinale di voragini e pareti di arenaria, di impluvi selvaggi, regno del bosco. Ed è proprio il contrasto fra questi ambienti di wilderness e il rassicurante contorno di vigneti e noccioleti a fare la differenza.
Poi ci sono i borghi con i loro castelli, messi in bilico sulle voragini, approdi nel mare di vigneto.
Discese ardite e risalite
Scontato il richiamo al grande Lucio e alle “Emozioni” che generò. Salire e scendere è l’andare tipico di tutte le colline, ma in questa zona si fa ancora più incalzante.
Bando alle ciance, si pedala. Partenza da Montà, sede dell’Ecomuseo delle Rocche del Roero, punto info su tutto quanto concerne la zona. Si va in lieve pendenza in direzione di Santo Stefano Roero, ma appena giunti ai margini dell’abitato si incontra il primo punto di interesse.
Sul ciglio del crinale sulla sinistra, nascosto nella vegetazione e raggiungibile con una breve deviazione, si trova il
Santuario dei Piloni, composto da una chiesa romanica e dalle tredici cappelle del percorso devozionale della Via Crucis.
Si tratta del più piccolo sacro monte piemontese e, pur non inserito nel sistema ufficiale dei Sacri Monti (beni UNESCO), è più che mai degno di interesse, anche per il suggestivo luogo in cui luogo in cui sorge, noto come Valdiana (Vallis Dianae), area di boschi e anfratti già consacrata alla dea della caccia in età pagana.
Tornati sulla via per Santo Stefano, si prosegue in direzione sud giungendo in circa un chilometro in Località Madonna delle Grazie (dall’omonima chiesa). Il percorso consigliato a questo punto lascia la strada provinciale e svolta a destra nell’abitato (manca indicazione) per dirigersi nella quiete di una strada secondaria che scende in bell’ambiente boschivo a immettersi sulla strada provinciale per Carmagnola e Ceresole d’Alba.
In lieve, rilassante planata si segue la provinciale, peraltro di scarso traffico. In Località San Lorenzo, frazione di Santo Stefano Roero, si svolta a sinistra per imboccare una strada laterale con indicazione “Cappelli - San Grato”. Anche questa “provinciale”, ma di traffico pressoché nullo.
Tra case sparse e noccioleti. Con il Monviso all’orizzonte e una castagna davvero “granda”
Si risale in sinuosi tornanti, all’inizio fra magioni sparse, poi la monocoltura di nocciole prende il sopravvento.
Terminata la salita si va su un panoramico crinale paralleli alle montagne di Re Cozio, con il Re delle Cozie in esuberante evidenza. Sua Maestà il Viso monopolizza gli sguardi, condizione inevitabile con meteo favorevole.
Un tratto da centellinare, poi anche il noccioleto cede spazio al
bosco di latifoglie tipico del Roero. La sua anima wilderness, insieme alle rocche.
San Grato: non ci aspetti un borgo, tutta questa zona porta il nome del santo taumaturgo, patrono di Aosta. E così la pedalata si distende a lungo e piacevolmente fra un nucleo di San Grato e l’altro, alloggiati su un ampio e agreste crinale.
Ed è in un nucleo di magioni della zona “San Grato”, Villa Superiore, che il Roero si esibisce in una “granda” meraviglia. Un castagno ultrasecolare, denominato appunto “
Castagna Granda”.
Che come tante meraviglie esige un pegno: la discesa dell’erta carrareccia che porta nel sottostante vallone (segnavia escursionistico “Castagna Granda”), carrareccia fattibile in sella alla bici con mezzo adeguato e acrobazie varie.
Ed eccolo, appena rimesso piede o ruota sul piano, il castagnone. Al centro di una verdeggiante radura, attorniato da altri castagni, secolari pure loro, il monumento arboreo stupisce per la sua circonferenza: oltre 10 metri! Misurare per credere. Come? Con un abbraccio di gruppo, sistema con il quale si rende anche doveroso omaggio al Nostro.
Risaliti, un ultimo tratto tra noccioleti conduce sulla strada principale per Monteu, a poche pedalate dall’abitato.
Monteu, sul ciglio dell’abisso …Così appare il borgo con il suo maniero. Un’opportuna sosta consente di apprezzare la scenografica collocazione.
E non meno scenografica è la vista sul circo delle rocche che si apprezza sia dal cavalcavia che dall’area di sosta all’ingresso in paese. Placata (per ora) l’ansia di rocche si scende in direzione opposta, verso Canale.
Ma altra è (per ora) la meta. Santo Stefano è la meta. Santo Stefano
Roero, borgo gemello di Monteu che si mostra in amena posizione sul
ciglio opposto di un ampio vallone.
Uno stretto tornante è il punto giusto per composizioni fotografiche, e altri punti non da meno seguiranno a breve.
I geometrici filari agevolano il compito. Ma occorre occhio… Così come occhio (alla strada) occorre nella ripida discesa successiva,
al fondo della quale si lascia la via per Canale e si volge a nord in
direzione di Santo Stefano.
Non prima però si apprezzare come si deve, sul lato opposto, il Ciabòt San Giorgio, in singolare posizione sul sommo dell’omonimo cru del Roero DOCG. Il Ciabòt è realizzato con conci dell’antico castello di Pulciano, che qui svettava prima dell’anno Mille.
Un insieme notevole, spunto per un’altra composizione foto-grafica. E un’altra composizione ancora (non da meno) seguirà a breve.
Tornanti, sinuosi tornanti
Un tratto per pedalatori esigenti e sensibili, di buon senso estetico e d’animo aperto alle armonie del paesaggio.
Pedalare per credere, ma pedalare con andatura costante e lenta, in modo che la fatica del salire non offuschi la vista e impedisca di apprezzare la sequenza di tornanti con la quale la strada fende (e non offende) il pendio di vigna.
La pendenza, a sua volta costante e non eccessiva, agevola il compito e una volta in cima si può sostare per ammirare l’opera, non di natura certo, anzi umanissima, ma a volte anche una striscia di asfalto può essere arte.
Esagero? Forse, in ogni caso l’insieme consente ancora una volta di esibire la propria abilità foto-grafica (questo tratto di strada è in effetti un vero must per i pedalatori e fotoamatori del Roero). A breve, un’opera invece di natura, ma in singolare alleanza con un’opera umana, attende i pedalatori a Santo Stefano. Pedalatori sensibili, s’intende.
La Rocca e la Parrocchiale
Guadagnato il crinale, si svolta a sinistra nell’abitato per giungere al margine opposto dove si può apprezzare la “singolare alleanza”, fusione e contrasto allo stesso tempo, fra il selvaggio fendente della caratteristica Rocca (monumento di natura) e la Chiesa Parrocchiale dedicata a Santa Maria del Podio (opera umana). E lì nei pressi ancora una voragine di pareti di arenaria (opera del Tanaro).
Si inverte direzione, rimanendo alti per dirigersi sulla via per Canale. Una lunga planata nella Valle dei Lunghi conduce a questo centro non di crinale ma di fondovalle che si attraversa apprezzando i portici a lato della via "maestra" e le vie selciate che si percorrono per andare a Montà. La prossima meta. E punto dì arrivo…
San Nicolao, cuore wilderness del Roero
Montà prossima meta? Ebbene no, il viaggio riserva un’altra sorpresa di queste colline: l’
Oasi naturalistica di San Nicolao (dal nome di un pilone votivo). Natura tutelata e in parte ricostruita grazie alla meritoria opera dei
volontari di Canale Ecologia. Una bella storia che è doveroso conoscere:
http://web.tiscali.it/canaleecologia/italiano/nicolao.htmE così i pedalatori sensibili, appena fuori Canale, al termine della residenziale Via Torino, possono cedere all’invito e alla lusinga naturalistica dell’apposito segnavia per dirigersi in un’appartata stradina che si inoltra in un accogliente valloncello. Dopo mezzo chilometro, si lascia l’asfalto “dell’appartata stradina” per dirigersi in una zona ancora più appartata. Inizia qui l’oasi, area saggiamente interdetta alle biciclette. In mezzora di passeggiata si giunge al
Biotopo delle Rocche, laghetto-zona umida, cuore dell’oasi (il sentiero pedonale prosegue salendo a Montà). Onore ai volontari di Canale Ecologia. Averne...
Tornati alla provinciale, una serie di allungati tornanti eleva a Montà ((la salita è detta Renna o Redina).
Montà d’Alba, il suo centro storico di sommità, la passeggiata a fianco del castello e del suo parco.
Il Percorso
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qui il file GPX file del percorso
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